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I 10 errori di leadership che fanno scappare i talenti (e che si possono evitare)

Marco Corinaldesi, 4 maggio 2025

2 min.

Ci sono errori di leadership che non fanno rumore, ma che lentamente consumano la motivazione e il senso di appartenenza dei collaboratori migliori. Non si tratta di grandi crisi o scontri clamorosi: basta trascurare una persona capace, trattarla come una macchina da prestazione invece che come un essere umano. Oppure soffocarla con controlli continui, senza mai darle fiducia reale. Basta promuovere chi non merita, ignorare il valore di chi lavora bene in silenzio, o evitare confronti scomodi per paura del conflitto. Quando tutto è urgente, nulla è davvero importante. Quando non si ascolta con attenzione, le idee si spengono. Quando si pretende fedeltà senza dare nulla in cambio, si ottiene solo distanza. E se si valuta solo il tempo in ufficio, senza guardare ciò che davvero si costruisce, si rischia di premiare chi resta fermo e non chi fa la differenza. Chi guida un team oggi ha una responsabilità profonda: far sentire ogni persona parte di un progetto vero. Non serve perfezione, ma autenticità. I talenti non cercano padroni, ma leader che li facciano sentire valorizzati, ascoltati, ispirati.

I 10 errori di leadership che fanno scappare i talenti (e che si possono evitare)

Ci sono leader che si chiedono perché le persone migliori decidano, a un certo punto, di andarsene. E la risposta è quasi sempre più semplice di quanto si pensi: non è colpa del mercato, né delle nuove generazioni, né di chissà quali strategie segrete. È che, spesso, si cade in errori che logorano il rapporto con i propri collaboratori, fino a spegnerne motivazione e desiderio di restare.

Prendiamo il caso di chi sovraccarica sempre le stesse persone. I più capaci, i più veloci, i più affidabili. È un classico. Ma se li spremi troppo, prima o poi si rompono. Non perché non siano in grado di reggere, ma perché si accorgono che il loro talento viene usato e non valorizzato.

Oppure c'è la microgestione. Il voler controllare ogni minimo dettaglio, come se nessuno fosse all’altezza di fare le cose senza il tuo permesso. Lo so che nasce dalla paura di sbagliare, dal bisogno di sicurezza. Ma in questo modo, invece di costruire fiducia, si distrugge autonomia. E senza autonomia, non c’è crescita.

Poi ci sono le promozioni sbagliate. Quando premi chi ti è simpatico o chi non ti crea problemi, anziché chi merita davvero. Così facendo, mandi un messaggio chiaro (anche se non lo dici): “non importa quanto sei bravo, importa a chi piaci”. E in quell’istante, il vero talento smette di credere nel progetto.

Non formare la tua squadra è un altro errore enorme. Se ti circondi di persone ferme, che non imparano, prima o poi rallenti anche tu. Chi non cresce, si spegne. E se non investi nella formazione del team, sarà il team a smettere di investire in te.

C’è poi chi evita le conversazioni difficili. Parlar chiaro richiede coraggio, ma evita guai peggiori. Il silenzio non risolve mai. Anzi, spesso complica. Se qualcosa non va, dillo. Con rispetto, ma dillo. Aspettare che “passi da solo” è un'illusione che costa cara.

E che dire di chi si prende i meriti quando va tutto bene… ma scarica la colpa appena le cose vanno male? Questo è il modo più rapido per perdere credibilità e distruggere la fiducia. Un leader vero protegge, non punta il dito.

Anche l’urgenza costante è veleno puro. Se tutto è urgente, nulla è veramente importante. Le persone si bruciano, vivono con l’ansia addosso e non capiscono più cosa conta davvero. Serve calma, serve priorità. Serve dire: “questo sì, questo dopo”.

Molti ignorano le idee dei collaboratori. Le ascoltano per finta, giusto per far vedere. Ma le persone lo sentono. E quando si sentono ignorate, smettono di proporre. E quando smettono di proporre, si spengono. Il punto non è solo “ascoltare”, ma ascoltare davvero. Con attenzione. Con apertura. Con interesse.

Spesso si pretende fedeltà cieca, senza però meritarla. Ma la lealtà non si compra e non si impone: si conquista. Con coerenza, rispetto, trasparenza. Se vuoi persone leali, sii tu per primo leale con loro.

E infine, c’è chi misura tutto in ore. Quante ore sei stato in ufficio, quanto hai lavorato, quante presenze hai fatto. Ma i risultati? Le idee? L’impatto reale? Non siamo più nell’era del cartellino. Il valore di una persona non si misura col cronometro, ma con ciò che riesce a creare.

Ecco, tutto questo non è teoria. È esperienza. È ciò che vedo ogni giorno entrando nelle aziende, parlando con imprenditori e collaboratori. È il motivo per cui certi team volano… e altri si sfaldano. E non serve essere perfetti, basta essere presenti. Umili abbastanza da chiedersi: sto guidando o sto comandando? Sto ispirando o sto solo pretendendo?

Alla fine, i talenti non cercano il posto perfetto. Cercano un leader che creda in loro, che li faccia crescere, che li ascolti davvero. E quando lo trovano, restano. Anche quando le cose si fanno difficili.

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Marco Corinaldesi

Analista di Azienda OSM

Offro supporto strategico su misura per migliorare l’efficienza operativa e la competitività di grandi aziende, PMI e Startup. La mia consulenza copre una vasta gamma di aree, dall’ottimizzazione delle operazioni quotidiane alla pianificazione strategica a lungo termine.